1. Nel cammino quaresimale ci imbattiamo con l’esortazione della parola di Dio all’ascolto e all’obbedienza della legge.
Potrebbe sembrare contraddittorio dover comporre insieme il senso della Pasqua in quanto evento prodotto da un intervento divino nella storia degli uomini e la consegna di una vita a una serie di norme che ne dovrebbero guidare la correttezza. Su questa antitesi si è scontrato l’annuncio evangelico di Paolo che, dichiarando l’incapacità della legge a salvare l’uomo, ha proclamato che solo
Prepararsi alla Pasqua vuol dire anzitutto mettere da parte ogni pretesa di autonoma salvezza e disporsi al riconoscimento stupefatto e grato del dono di Dio in Gesù, del fatto che nella sua vita, meglio nella sua morte, il Padre vince il male e afferma la potenza del bene. Mettere da parte le nostre autosufficienze, questo è prepararsi alla Pasqua: le autosufficienze culturali come quelle etiche, quelle sociali come quelle progettuali e pratiche. La fede cristiana rivela qui la sua totale estraneità a ogni riduzione ideologica o etica, e si propone come un evento in cui Dio manifesta il suo potere sulla storia.
2. Questo tuttavia non significa che davanti a noi si apre un campo senza regole, una situazione di anomia in cui tutto è possibile. Sta qui il richiamo di Gesù alla permanenza della parola che Dio aveva affidato a Mosè e che costituisce la norma di vita dell’uomo. Lo riconosce lo stesso Paolo, che nelle sue lettere proclama la libertà dalla legge purché però questa libertà non venga interpretata come una licenza senza criteri. Al contrario, occorre distinguere tra le norme della legge accolte come strumento di autoaffermazione e la consonanza della vita a una identità dell’uomo che la legge rivela e che permette all’uomo l’obbedienza a Dio.
Di questo modello diverso di rapportarsi alla legge è segno anche l’espressione di Gesù circa il compiersi della legge, che nella sua prospettiva non viene colta in modo statico come un precetto a cui uniformarsi, ma dinamicamente come una promessa che va portata a compimento. Sta qui infatti il segreto della visione cristiana della legge: non un imperio che si abbatte su di noi dall’esterno, ma un seme che è seminato in noi perché con la sua forza cresca e generi in noi la vita nuova, di cui la risurrezione di Gesù è la primizia.
In questa prospettiva possiamo anche rileggere la prima lettura e cogliere il segreto del dinamismo della parola che essa ci propone. Un ascolto che esige una traduzione pratica, dando volto di storia alla luce che Dio proietta nella nostra vita. Ma, ancora più intimamente, il farsi di una dialogo tra noi e Dio, grazie a quella intimità di vita con lui che egli ci dona. È davanti a noi poi il progetto di una tradizione che lega le generazioni nella condivisione di una verità dell’uomo e fonda un popolo che ha Dio come Padre.
E non va dimenticato che queste categorie non hanno rilevanza solo per la nostra vita interiore o per un’esperienza religiosa delimitata alle ‘cose di religione’, ma hanno una valenza anche per la nostra vita umana e professionale, che dalla capacità di dialogo, dalla certezza di riferimenti etici condivisi, dalla consapevolezza che Dio non è estraneo al nostro stesso lavoro trae alimento, per edificarsi in modo nuovo ed esemplare in mezzo a una società fredda, sciatta e incapace di rispettare l’uomo nella sua piena dignità. Ciò vale in modo particolare nella professione medica.
A far crescere in questo stile di vita cristiana serve anche associarsi e insieme educarsi a una testimonianza del Vangelo nel proprio ambiente professionale. A questo vi esorto e per questo impegno vi ringrazio.