1. Al termine dell’ottava di Natale, la liturgia ci invita ad alzare lo sguardo, fino ad oggi chinato sulla mangiatoia da cui ci ha sorriso il Bambino Gesù, e a contemplare il volto della Madre che lo ha dato alla luce, lui che è la luce del mondo. Il nuovo anno civile inizia per
In tale prospettiva, la singolarità di Maria diventa motivo di lode, di lei e quindi di chi in lei ha compiuto queste meraviglie, ma anche segno di una destinazione del popolo dei credenti che ora deve farsi nel mondo strumento di generazione di Cristo per ogni uomo, tramite l’annuncio della Parola di verità e la celebrazione dei segni sacramentali della sua presenza salvifica. Il singolare privilegio di Maria di essere
Agli uomini, come hanno cantato gli angeli apparendo ai pastori, l’amore di Dio si svela come dono della pace, proprio perché nell’inviarci il suo Figlio il Padre ci offre la riconciliazione, con sé e tra di noi: «sulla terra pace agli uomini, che egli [Dio] ama» (Lc 2,14). E in questo primo giorno dell’anno, ormai da quarantadue anni,
Quest’anno il Santo Padre, nel suo Messaggio, mette a fuoco la connessione esistente tra la povertà e i contese che insanguinano la terra, chiedendoci di «combattere la povertà» per «costruire la pace». «La povertà ‘ osserva Benedetto XVI ‘ è tra i fattori che favoriscono o aggravano i conflitti, anche armati. A loro volta questi ultimi alimentano tragiche situazioni di povertà». Nell’attuale mondo globale «è sempre più evidente che si costruisce la pace solo se si assicura a tutti la possibilità di una crescita ragionevole: le distorsioni di sistemi ingiusti, prima o poi, presentano il conto a tutti».
Il Papa ci chiede dunque di inserire il problema della povertà nel nuovo contesto di globalizzazione che caratterizza i nostri tempi, chiedendoci di ribaltare la logica di sfruttamento che regge per lo più la globalizzazione economica in un progetto di responsabile fraternità universale, riconoscendo nei popoli un’unica famiglia. Egli ci avverte pure che non esistono soltanto le povertà materiali, ma accanto ad esse, e con esse intrecciate, si sviluppano anche povertà immateriali, che producono emarginazione, miseria relazionale, morale e spirituale, che si manifestano anche nei paesi del benessere economico.
Nella riflessione del Santo Padre si individuano a questo punto cinque ambiti in cui emergono le implicazioni morali della lotta alla povertà. C’è infatti chi ancora pensa di poter sfamare tutti riducendo gli abitanti della terra, con politiche di denatalità che fanno ampio uso dell’aborto, una ideologia contro cui si pone il fatto che il mondo non manca di risorse, che vanno invece più equamente distribuite, e che lo sviluppo è anche legato al numero degli abitanti di una nazione. Pure nella lotta contro le pandemie, prima fra tutte oggi l’AIDS, è falsa la strada che pensa di debellarle oltrepassando i confini dell’etica sessuale, mentre è invece necessario agire congiuntamente sui fattori educativi e sulla disponibilità dei medicinali. Occorre poi prendere coscienza che la povertà ricade con più forza sui soggetti più deboli, in specie i piccoli, ma la migliore garanzia per i bambini è la saldezza delle famiglie e quindi il loro riconoscimento e sostegno. Non va poi dimenticata la connessione tra disarmo e sviluppo, in un mondo in cui la corsa agli armamenti raggiunge livelli sempre più alti. Infine il Papa mette il dito sulla piaga della speculazione economica che ha per oggetto i beni alimentari di base, mentre il divario tecnologico ricaccia sempre più indietro i popoli poveri.
La risposta a questi fronti critici per Benedetto XVI sta nell’affrontare l’era della globalizzazione con una più forte solidarietà globale tra paesi ricchi e paesi poveri, fondando la coesione su un ‘codice etico comune’, ancorato ai principi espressi nei diritti dell’uomo, che per il credente danno forma a quella legge naturale che, perché «scritta da Dio nella coscienza umana, è un denominatore comune di tutti gli uomini e di tutti i popoli». Una particolare esigenza di eticità si richiede nei campi del commercio e della finanza, dove resta spesso ai margini la considerazione del bene comune, in nome di profitti immediati e a scapito dei più deboli.
Il problema della povertà emerge quindi non come un semplice problema economico, ma come un fronte su cui occorre esercitare attenzione giuridica, correttezza politica, cultura di partecipazione. «In particolare, ‘ afferma il Papa ‘ la società civile assume un ruolo cruciale in ogni processo di sviluppo, poiché lo sviluppo è essenzialmente un fenomeno culturale e la cultura nasce e si sviluppa nei luoghi del civile».
Rimettendo al centro la persona e le relazioni sociali più immediate, il Messaggio di Benedetto XVI avvicina il problema della pace alle condizioni e alla possibilità di ciascuno di noi, rifiutando quella visione del problema che lo vorrebbe affidato solo alle responsabilità di chi governa. Riflettere su questi temi mentre anche la nostra società, con tutte le società occidentali, si trova ad affrontare una possibile recessione, ci induce a riflettere sul fatto che in questo mondo globalizzato non ci si salva da soli. «Nell’attuale mondo globale è sempre più evidente che si costruisce la pace solo se si assicura a tutti la possibilità di una crescita ragionevole’ Solo la stoltezza ‘ conclude il Papa ‘ può quindi indurre a costruire una casa dorata, ma con attorno il deserto o il degrado».
La solidarietà che combatte la povertà diventa un passaggio obbligato per chi aspira alla pace. E la strada che vi conduce è quella che fa spazio a Dio e alla dignità della persona umana, da lui creata a sua immagine. Restaurare questa immagine sul volto di ogni uomo è quanto, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, la benedizione di Aronne invoca mentre supplica che il Signore faccia risplendere il suo volto per noi. Perché solo nel riconoscimento di Dio e del suo riflesso su ogni uomo sta il dono della pace: «Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6,25-26). L’augurio del credente all’inizio del nuovo anno assume queste fattezze: non un auspicio vuoto perché legato all’impossibilità degli uomini a sfuggire alle loro responsabilità, ma l’invocazione orante della benedizione di Dio su ciascuno di noi, sulle persone a noi care e sul mondo intero, perché egli ci trasformi con il suo onnipotente amore.
In questa festività liturgica di Maria SS.ma Madre di Dio, vogliamo a lei affidare la causa della pace, a lei, Vergine Madre di Dio, che ci è modello nel conservare nel cuore il passaggio di Dio nella storia dell’umanità e nella vita di ciascuno e nello scegliere sempre secondo la volontà di Dio, che è volontà di amore e di inclusione, mai di esclusione. Ella è anche colei che, in questo inizio di nuovo anno, dalla grotta ci porge il Bambino Gesù, invitandoci a riconoscere in lui il centro della storia, la luce profonda del tempo, il principio di ogni vero rinnovamento del mondo. Come i pastori a Betlemme, anche noi innalziamo oggi a lui la gloria e la lode. Amen.
X Giuseppe Betori
Arcivescovo di Firenze