1. Di fame e di sete parla la lettura tratta dal libro del profeta Isaia che ha aperto l’odierna liturgia della Parola. E davvero la condizione umana può ben essere riassunta in questo innato inappagamento, da cui scaturiscono le molteplici forme di inquietudine che turbano la vita degli uomini e delle donne, nel nostro tempo forse come non mai nella storia. Ed è proprio a fronte di questa insoddisfazione esistenziale che può ben risplendere la capacità della rivelazione cristiana di riempire mente e cuore dell’uomo come risposta la più adeguata alle sue attese. Vale anche per noi l’invito che Dio fa tramite le parole del profeta: «Ascoltate e vivrete». Questo perché
Ma l’odierna festività afferma qualcosa di più: quella che viene a noi non è semplicemente una parola che rischiara con la sua verità le nebbie del paesaggio della nostra vita, ma si rivela come una presenza personale che ci raggiunge nella nostra condizione più estrema. Perché se è vero che già il profeta aveva invitato a invocare un Dio che si facesse vicino, aveva però dovuto anche constatare che l’alterità di questo Dio ci sovrasta e ci appare come un mondo irraggiungibile: «Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri». L’immagine di un cielo chiuso sopra di noi, per noi inaccessibile nella sua altezza e alterità è anch’essa un’immagine particolarmente capace di parlare all’uomo di oggi, che sente la condizione umana come un limite e, nei vari modi con cui cerca di farsi padrone di se stesso e del proprio destino, mostra il suo desiderio di un andare oltre che gli appare però impedito dai suoi limiti creaturali.
È quindi decisivo per noi l’annuncio che viene dalla pagina evangelica, secondo cui nel battesimo di Gesù al Giordano accade l’inimmaginabile: i cieli si squarciano e la voce di Dio raggiunge l’uomo. Un’immagine che acquista particolare spessore in questa stupenda cattedrale, in cui l’immensa cupola culmina nell’occhio di luce che dalla lanterna si diffonde sopra di noi. Il mistero della manifestazione del Figlio di Dio, che abbiamo iniziato a contemplare nella festa dell’Epifania e che continua oggi a essere proposto alla nostra considerazione, ci rivela come nella persona di Gesù di Nazareth si rompe ogni barriera tra il divino e l’umano e si ha quella presenza amicale di Dio accanto all’umanità che costituisce l’aspirazione segreta, anche se a volte oscura e oscurata, del nostro cuore.
Il battesimo di Gesù è formato da due eventi tra loro collegati ma anche nettamente distinti. C’è anzitutto il gesto con cui Gesù si unisce alle folle dei peccatori che accolgono la predicazione di Giovanni e si sottopongono al segno del lavacro che esprime la volontà di purificazione, un gesto con cui Gesù si fa nostro solidale, non ovviamente nel peccato ma nella condizione di povertà dell’umanità causata dal peccato. A questa immersione totale nell’umano e nei suoi limiti corrisponde l’atto che segue il lavacro con l’acqua e che non è da esso causato, ma si aggiunge ad esso come un necessario complemento per comprendere chi è Gesù e qual è la sua missione. Si tratta appunto del fatto che Gesù «vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba», un’esperienza sua a cui si aggiunge un’esperienza anche di Giovanni e di tutti coloro che lo circondano per i quali «venne una voce dal cielo: ‘Tu sei il Figlio mio, l’amato; in te ho posto il m io compiacimento’».
L’irruzione dello Spirito su Gesù segna l’inizio del suo ministero pubblico e svela il senso della missione stessa del Figlio di Dio fatto uomo, come missione della presenza di Dio nella storia per rendere possibile l’incontro personale di ogni uomo con Dio, tramite la persona del suo Figlio, venuto nel mondo come «il più forte» ‘ così lo definisce il Battista ‘, vale a dire come colui che ha il potere di vincere il male che spadroneggia nel mondo. La parola che raggiunge tutti illumina questa missione, riprendendo due espressioni, rispettivamente del Salmo 2 e di Isaia 42, che erano applicate a due figure del futuro, quella di un re e quella di un profeta, a cui si attribuiva il potere di governo del mondo e di instaurazione della giustizia tra gli uomini. Il Signore della storia, colui che può aprire un futuro di riconciliazione e di pace per i singoli e per i popoli, è entrato nel mondo e ci viene incontro con il dono dello Spirito, che come aleggiava sulle acque della creazione e su quelle del mondo riemerso dal diluvio, viene ora a fare nuove tutte le cose mediante la rigenerazione della grazia.
Accettare nella fede questo incontro con Gesù, che risale dalle acque del Giordano per avviarsi a percorrere le strade del mondo, significa essere generati da Dio e quindi resi capaci di vincere il mondo. Nascere da Dio, il dono che ci viene fatto nel nostro battesimo mediante il segno dell’acqua, nella partecipazione alla morte redentrice di Cristo ‘ il sangue ‘ e con la comunicazione dello Spirito, significa che la nostra vita diventa suo dono ed entra in quella logica dell’amore che l’ha generata e che ora costituisce la sua sostanza. Amati da Dio dobbiamo vivere amando Dio e osservando il comandamento dell’amore dei fratelli che Gesù ci ha confidato. Come dal battesimo di Gesù si rivela la sua missione nel mondo, così dal nostro battesimo si delinea la nostra missione quale servizio dell’amore a Dio e ai fratelli, per cui non c’è seduzione di vita che possa provenire dal mondo e comprarci, perché abbiamo già ricevuto il dono di una vita piena, quella stessa di Dio, né può esserci timore della morte che il mondo ci possa infliggere, perché abbiamo già donato liberamente la nostra vita a Cristo. In questo modo il cristiano ha vinto il mondo, perché il mondo per lui non è più una potenza che lo incatena, ma uno spazio di vita in cui egli dona liberamente se stesso a Colui che lo ha tanto amato fino a donare il suo Figlio e ai fratelli che riconosce quali figli di Dio.
Questa radicale vocazione battesimale si esplicita poi nelle specifiche vocazioni di ciascuno. E quest’oggi accompagniamo in un ulteriore passo del loro percorso alcuni giovani che hanno seguito la chiamata del Signore a vivere la loro vita come servizio ai fratelli, per il Vangelo e per
X Giuseppe Betori
Arcivescovo di Firenze