INCONTRO PER IL ‘PATTO PER FIRENZE’

Introduzione di S.E. Mons. Giuseppe Betori
02-04-2009




 


«L’ora di Firenze non appartiene al passato. Non si spegne il genio di una città e di una terra se il braciere di Dio continua ad ardervi e a purificare i cuori, se le intelligenze continuano a interrogarsi e a cercare, se le volontà riescono a uscire dal proprio guscio e si proiettano verso traguardi inediti, commisurati alle sfide e alle responsabilità». Con queste parole salutai questa nostra città al momento della mia nomina ad Arcivescovo di Firenze. La convocazione di oggi, cui ringrazio tutti voi per aver risposto con tanta generosità, si pone sul solco di questa profonda convinzione, certo come sono che proprio questo tempo di crisi possa costituire una chance per misurare le forze creative della nostra gente e la volontà di proiettarsi verso il futuro, una occasione non semplicemente per rattoppare qualche falla che si apre nella nostra vita economica e sociale, ma per inventare qualcosa di nuovo, che ci faccia sentire nella coesione sociale ancora capaci di un passo oltre, di una crescita nella bontà della vita.


Il gesto di questa convocazione si inserisce in una comprensione della missione della Chiesa e della funzione del vescovo come qualcosa che non hanno a che fare semplicemente con la vita interna della comunità dei credenti, proprio perché la fede cristiana è un progetto storico e una parola capace di illuminare non solo la sfera religiosa ma tutto l’umano. Torno ancora all’inizio del mio ministero tra voi, per ricordare come nelle parole di saluto alle autorità civili ebbi modo di affermare: «Oggi, come al tempo di Dante, dobbiamo affrontare una nuova stagione: questo non ci impedisce di essere consapevoli che le nostre radici non sono un peso che ci angustia, ma una risorsa per orientare il futuro secondo canoni di autentica umanità. Di queste radici, la Chiesa è parte significativa: offre a tutti una sapienza di vita e un’operosa testimonianza solidale, che ci indirizzano a una vita buona, fondata sulla verità e aderente alla realtà». Più di una vicenda di questi giorni e il contesto sociale nella sua globalità mi confermano nella giustezza di queste intuizioni.


Questa convinzione di avere, come Chiesa e come Vescovo, una responsabilità non solo verso i cattolici ma verso tutti, in specie coloro che sono in situazioni di debolezza, hanno suggerito anche questa iniziativa di convocazione delle forze sociali in vista di un ‘patto per Firenze’ che ci permetta di uscire più forti dalle presenti angustie.


Questa iniziativa non è del resto del tutto nuova, ma si pone in continuità con altre iniziative di riflessione e di studio che la diocesi di Firenze ha promosso in questi anni su questioni di particolare importanza, dalla casa al lavoro, dalla globalizzazione ai processi migratori.


            La motivazione specifica di questo nostro incontro va tuttavia ricercata nella particolare situazione di crisi economica e sociale che coinvolge persone, famiglie, imprese. Senza volermi addentrare in campi che non mi sono propri, voglio solo rilevare come la crisi attuale non sia soltanto finanziaria, economica e tecnica. Si tratta di una congiuntura che per essere positivamente affrontata richiede molteplici letture e  pluralità di apporti. Non possiamo però non avere presente che un fattore determinante per comprendere quanto avviene  debba  anche  essere individuato in un deficit antropologico e etico, ossia dall’aver ridotto l’uomo a strumento del ciclo economico e dall’affermazione dell’autonomia, o più esattamente dell’indipendenza, dell’economia dalla morale.


            Come ben sappiamo, la funzione propria della finanza è quella di porsi come ponte tra presente e futuro in una visione progettuale e strategica, favorendo l’impiego delle risorse a sostegno dello sviluppo reale degli uomini e dei popoli. Una finanza appiattita sul breve periodo, che ricerca solo il ritorno immediato, perde la propria funzione e diviene un pericolo per tutti, anche se di fatto sono le persone e i popoli più deboli a essere esposti a pagarne in prima istanza le conseguenze. E non coinvolge forse la dimensione antropologica l’appiattimento dell’orizzonte dell’umana convivenza sul ‘qui e ora’ a scapito della progettualità e del futuro, dell’effimero sul duraturo, dell’anonimo sul personalizzato, dell’individualistico sul comunitario?


            Come ha ricordato Giovanni Paolo II, «la sollecitudine sociale della Chiesa, finalizzata ad un autentico sviluppo dell’uomo e della società, che rispetti e promuova la persona umana in tutte le sue dimensioni, si è sempre espressa nei modi più svariati» (SRS, 1). Con queste parole nel contempo, il Papa afferma che il sociale chiede la sollecitudine della Chiesa, ossia la sua attenzione dinamica e fattiva e che questa sollecitudine è motivata e finalizzata all’uomo colto nella sua integralità e al bene comune. Ecco il perché del nostro essere qui oggi.


            Non è compito della Chiesa presentare analisi e valutazioni sull’andamento dell’economia, dell’attività produttiva e dell’occupazione o sviluppare riflessioni tecniche e strutturali sui mutamenti del lavoro e delle professioni. E non è neppure compito della Chiesa, se non come segno della propria sollecitudine pastorale e concretizzazione della propria vicinanza all’uomo, attivare iniziative di carattere socio-economico.


            È tuttavia compito della Chiesa guardare all’uomo e prestare ascolto a quanto, direttamente o indirettamente, lo coinvolge. Ecco perché la Chiesa fiorentina non può non rilevare con preoccupazione come anche in questo territorio si stiano facendo ogni giorno più pesanti le conseguenze della crisi economica e come le difficoltà si stiano facendo sempre più acute per le imprese, le famiglie, le persone. Rileva pure come, secondo molti indicatori, per quanto riguarda il nostro mondo fiorentino, i veri, reali e negativi riflessi della crisi, pur già presenti ed evidenti, si faranno presumibilmente pesantemente sentire nei prossimi mesi.


            Questa prospettiva rende ancor più urgente la necessità di uno scatto, di un salto di qualità nelle riflessioni, nei rapporti, nelle scelte. Serve una riflessione più approfondita e diffusa sul contesto generale nel quale oggi le imprese si trovano ad operare, sul continuo passaggio, strutturale e culturale, dal posto di lavoro all’attività lavorativa e sul fatto che oggi vi è la necessità di ripensare in maniera creativa la vecchia alternanza dei tempi di lavoro e di formazione, dato che la rapidità delle innovazioni pone con forza la questione delle competenze, della formazione continua e della riconversione professionale.


            Sono necessari nuove visioni, nuovi orizzonti, nuova cultura, per affrontare la grande trasformazione in atto con creatività e apertura al futuro, ma anche mantenendo ben saldi il valore dell’uomo e il bene comune: è un terreno sul quale la diocesi si sente di porsi sia per stimolare le istituzioni e gli operatori a una nuova progettualità e a un nuovo rapporto fra loro, sia promuovendo momenti di incontro e di confronto come quello di oggi, sia diffondendo la Dottrina Sociale della Chiesa, che oggi si rivela una bussola preziosa per il discernimento e le scelte di carattere contingente e di carattere strategico.


            La Dottrina Sociale della Chiesa è un corpus unitario ricco e articolato, e preziosi sono i valori e gli orientamenti che essa può dare al lavoro quotidiano dei vari operatori, anche economici e istituzionali. Permettete che richiami qui alcune affermazioni contenute nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, per rendersi conto come questa, intesa e colta nella sua integralità, possa offrire un contributo anche alle riflessioni e alle scelte che oggi si impongono: «La dimensione creativa è un elemento essenziale dell’agire umano, anche in campo imprenditoriale, e si manifesta specialmente nell’attitudine progettuale e innovativa» (337); «l’impresa svolge anche una funzione sociale, creando opportunità di incontro, di collaborazione, di valorizzazione delle capacità delle persone coinvolte» (338); «l’obiettivo dell’impresa deve essere realizzato in termini e con criteri economici, ma non devono essere trascurati gli autentici valori che permettono lo sviluppo concreto della persona e della società» (338); «i ruoli dell’imprenditore e del dirigente rivestono un’importanza centrale dal punto di vista sociale, perché si collocano al cuore di quella rete di legami tecnici, commerciali, finanziari, culturali che caratterizzano la moderna realtà di impresa» (344);«il sistema economico-sociale deve essere caratterizzato dalla compresenza di azione pubblica e privata, inclusa l’azione privata senza finalità di lucro. Si configura in tal modo una pluralità di centri decisionali e di logiche di azione (356); «il bene comune impegna tutti i membri della società: nessuno è esente dal collaborare a seconda delle proprie capacità, al suo raggiungimento e al suo sviluppo» (167) «perseguendo nuove forme di solidarietà, le associazioni dei lavoratori devono orientarsi verso l’assunzione di maggiori responsabilità, non soltanto in relazione ai tradizionali meccanismi della ridistribuzione, ma anche nei confronti della produzione della ricchezza  e della creazione di condizioni sociali, politiche e culturali» nuove (309).


Il lavoro è questione vitale per la persona e per la società. Oltre a essere una necessità umana, sociale ed economica è anche un imperativo etico che interpella tutti senza distinzioni, perché la vitalità di una città è anche la vitalità del suo lavoro, in quanto il lavoro occupa un posto fondamentale nella vita di ogni persona.


Auspico quindi un ‘patto per il lavoro’, un ‘patto per Firenze’, fra le varie realtà economiche, imprenditoriali, sociali, istituzionali e creditizie, nel quale e con il quale vengano anche individuati obiettivi strutturali condivisi per rendere il territorio fiorentino più efficiente, funzionale e competitivo.


            Per affrontare con maggiore incisività gli effetti della crisi in atto appare urgente riscoprire nella sua giusta dimensione il valore della solidarietà, intesa ‘ come suggerisce la dottrina sociale della Chiesa ‘ come reciprocità intenzionale e operativa, ossia come progettualità nella quale ognuno è chiamato a mettere quello che è e quello che può a disposizione di un progetto condiviso.


Proprio partendo da questo concetto di solidarietà, sono importanti riflessioni più ampie e profonde, ma anche iniziative creativamente innovative, sia per rendersi vicini alle persone e alle famiglie che si trovano o si troveranno in difficoltà per la perdita del posto di lavoro, sia per rendere il nostro territorio fiorentino maggiormente competitivo, anche osando modalità di rapporto e interazione diverse da quelle fin qui praticate. Per avviare una fase nuova appare non più procrastinabile un nuova sinergia fra le varie realtà, i vari settori e i vari soggetti, infondendo così un nuovo dinamismo nei comportamenti e sviluppando una più concreta co-responsabilità collettiva. Per un vero e proprio sviluppo, è certamente necessario e doveroso il concorso di tutti, così come sono necessarie regole chiare e condivise, ma sono anche e primariamente necessari valori, etica, ragionevolezza, responsabilità.


            La competizione, di cui oggi tanto si parla a tutti i livelli, va coltivata e sviluppata ma sulla base di regole chiare, ricordando che anche quando si parla di competizione serve più etica, più senso di appartenenza, più attenzione al bene comune. Quanto avviene a livello planetario sta proprio dimostrando che senza etica, senza regole chiare e condivise, alla fine è l’intero sistema ‘ è l’uomo ‘ a pagarne le conseguenze.


            La competizione è necessaria allo sviluppo, perché spinge a una continua innovazione. Ma appare altresì necessaria la sinergia, il rapporto fra le varie realtà e i vari soggetti di uno stesso territorio. Perché la singola impresa possa essere competitiva a livello globale è importante che divenga competitivo il territorio nel quale l’impresa vive e opera. La creazione di un contesto favorevole è vitale per la singola impresa, come è fondamentale considerare un valore la coesione sociale. Per la nostra realtà fiorentina, per le sue specifiche caratteristiche e la sua storia, appare altrettanto importante il riuscire a coniugare memoria e futuro, arte e tecnologia, tradizione e innovazione, coltivando una vera e propria ‘cultura dell’impresa‘, intendendo con essa l’intero mondo della produzione, e una vera e propria ‘impresa della cultura‘, intendendo con essa una gestione più strutturata e strategica dei beni culturali, più imprenditoriale, con la stessa volontà di intrapresa che rese grande Firenze nel passato.


            Auspico che questo nostro incontro possa costituire un’utile occasione di riflessione comune su quanto è possibile attivare per sostenere strategicamente un percorso di innovazione e sviluppo, coniugato con la valorizzazione della memoria e delle molteplici risorse del territorio, evitando quel dualismo fra innovazione e tradizione, tra prassi e valori, che spesso emerge nei dibattiti anche a livello nazionale, come se quanto realizzato rappresentasse un impedimento all’innovazione e l’efficienza poco si coniugasse con i valori.


Come segno della propria sollecitudine pastorale e concretizzazione della propria vicinanza, condivisione e solidarietà nei confronti di persone e famiglie che stanno attraversano forti difficoltà a causa della perdita del posto di lavoro, ma anche per porsi nella logica del sostegno all’attività lavorativa, la Chiesa fiorentina, oltre al quotidiano e prezioso servizio di aiuto e sostegno concreto svolto dalla Caritas diocesana, dalle Caritas parrocchiali, dalle parrocchie e dalle varie associazioni cattoliche, che in questo momento vedono moltiplicarsi le richieste di aiuto di persone e famiglie, indica e promuove tre gesti che vogliono essere un segno e indicare un percorso:



  1. La convinta adesione e il fattivo sostegno alla iniziativa della CEI per un Fondo nazionale di garanzia per prestiti a famiglie numerose o gravate da malattia o disabilità in difficoltà per aver perso ogni fonte di reddito. A costruire tale fondo provvederemo con una colletta nelle nostre parrocchie il giorno di Pentecoste, ma al suo incremento chiamiamo anche quanti, persone, aziende, enti, sentono vogliono condividerne l’alto valore solidale.

  2. Il concreto sostegno, attraverso la Caritas diocesana, alla nascita di una cooperativa che opera in ambito agricolo e ambientale, con la collaborazione attiva di Coldiretti, per offrire possibilità di lavoro a persone che lo hanno perduto.

  3. La costituzione di un Fondo di garanzia finalizzato al microcredito per l’auto-impiego e la micro-impresa, destinato a persone con famiglia senza reddito, che hanno perso il posto di lavoro a seguito della crisi in atto, ivi compresi i lavoratori atipici. Per rendere più incisiva ed efficace questa iniziativa, oltre al contributo delle comunità parrocchiali, domandiamo la disponibilità degli istituti bancari e di quanti vogliono e possono sostenerla con il loro apporto finanziario e tecnico.

Don Giovanni Momigli illustrerà ora le tre iniziative-segno. Invito poi tutti ad esprimere nel dibattito che seguire la propria opinione circa quanto è doveroso e opportuno fare per una convergente azioni che rilanci la nostra economia e salvi il lavoro dei lavoratori, per un ‘patto per Firenze’ che sia un ‘patto per il lavoro’. Grazie ancora per la vostra presenza e per il contributo che offrirete al cammino comune.