San Donnino a Campi B. – Spazio Reale
V domenica del t.o. – C
Giornata per la Vita
6 febbraio 2022
[Is 6,1-2.3-8; Sal 137; 1Cor 15.1-11; Lc 5,1-11]
OMELIA
La liturgia ci propone il percorso di due vocazioni: quella del profeta Isaia e quella dei primi discepoli di Gesù.
Un tragitto che si muove sui medesimi passi: incontro con Dio/Gesù, esperienza del limite dell’uomo, conversione del chiamato, nella prospettiva di una missione.
Seguendo da vicino il brano del Vangelo possiamo vedere da vicino questi momenti.
Tutto nasce dall’iniziativa di Gesù, che con il suo sguardo illumina coloro che si appresta a chiamare.
La parola di Gesù, che caratterizza il suo ministero, chiede la fede di Simone, è il fondamento della sequela dei discepoli.
C’è poi l’esperienza della potenza di Dio, che supera ogni possibilità umana. A questo fa da contrasto la consapevolezza del peccato che ci separa da Dio.
Ma la parola di Gesù trasforma gli uomini: i peccatori diventano pescatori di uomini. L’ultimo atto è l’affidamento di una missione, che è “catturare gli uomini per la vita”.
Questo itinerario vale anche per la vocazione alla vita di coppia di famiglia, che è alla base della promozione della vita.
Anche oggi il Signore chiama, come ha fatto in tutti tempi. Ma oggi è sempre più difficile fare esperienza di Dio, in un mondo che ne vuole cancellare la presenza. Come pure è difficile oggi riconoscerne la parola nella parola dell’annuncio di fede della Chiesa.
Sostenere le vocazioni comincia dal recupero del senso di Dio e dell’ascolto delle sua parola nella Chiesa.
Per questo ci lasciamo illuminare dalla parola dei pastori in questa 44a Giornata per la Vita. Il messaggio dei vescovi italiani ricorda l’impegno a “Custodire ogni vita”. Collocandosi nella situazione provocata dalla pandemia siamo invitati a ricacciare «ogni illusione e autosufficienza» per far emergere «con rinnovata consapevolezza l’evidenza che la vita ha bisogno di essere custodita. […] Nessuno può bastare a sé stesso. […] Ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prenda cura di lui, che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione».
Con riguardo alle conseguenze della pandemia, i vescovi attirano il nostro sguardo sulla situazione delle nuove generazioni e degli anziani. I vescovi ci dicono:
«Le [nuove generazioni], pur risultando tra quelle meno colpite dal virus, hanno subito importanti contraccolpi psicologici, con l’aumento esponenziale di diversi disturbi della crescita; molti adolescenti e giovani, inoltre, non riescono tuttora a guardare con fiducia al proprio futuro. Anche le giovani famiglie hanno avuto ripercussioni negative dalla crisi pandemica, come dimostra l’ulteriore picco della denatalità raggiunto nel 2020-2021, segno evidente di crescente incertezza. Tra le persone anziane, vittime in gran numero del Covid-19, non poche si trovano ancora oggi in una condizione di solitudine e paura, faticando a ritrovare motivazioni ed energie per uscire di casa e ristabilire relazioni aperte con gli altri. Quelle poi che vivono una situazione di infermità subiscono un isolamento anche maggiore, nel quale diventa più difficile affrontare con serenità la vecchiaia». La nostra difesa e cura della vita ha ampi campi di intervento in queste situazioni.
I vescovi segnalano poi come nella pandemia si siano intrecciate espressioni di solidarietà e vicinanza solidale e manifestazioni di egoismo, indifferenza e irresponsabilità. Queste ultime vengono alimentate in alcuni da paure e confusioni, ma in altri emerge una visione errata della persona umana, la stessa che – i vescovi lo sottolineano – è alla radice di alcune posizioni inaccettabili: «Anche la riaffermazione del “diritto all’aborto” e la prospettiva di un referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente vanno nella medesima direzione. […] Non vi è espressione di compassione nell’aiutare a morire, ma il prevalere di una concezione antropologica e nichilista in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali. […] Il vero diritto da rivendicare è quello che ogni vita, terminale o nascente, sia adeguatamente custodita. […] La risposta che ogni vita fragile silenziosamente sollecita è quella della custodia».
Concludo con le parole di Papa Francesco, che i vescovi italiani pongono a chiusura del loro messaggio: «Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, […] È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene».
Giuseppe card. Betori