Cattedrale di Santa Maria del Fiore
Primi Vespri della Solennità di Maria Ss.ma Madre di Dio
e Te Deum di ringraziamento per la fine dell’anno civile
31 dicembre 2021
[Gal 4,4-5]
OMELIA
«Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio» (Gal 4,4), ci ha ricordato l’apostolo Paolo. Giunti al termine dell’anno, la prospettiva del tempo che scorre si impone al nostro sguardo e ci ricorda la nostra provvisorietà. Spinge anche a doverosi bilanci, alla consapevolezza di come il tempo trascorso sia stato o no usato per il bene e, quindi, all’assunzione di responsabilità rispetto al dono della vita che abbiamo ricevuto.
Ma di fronte allo scorrere dei giorni, di un tempo che passa senza che lo si possa arrestare, colpisce che san Paolo parli di «pienezza del tempo», vale a dire di un suo compimento. La meta del tempo, quelle che ne svela il significato, è la manifestazione tra noi del Figlio di Dio, che nascendo da una donna si è fatto nostro fratello, per condividere i nostri giorni e riscattarli dalle loro contraddizioni. Per fare questo, Cristo si è immedesimato con la realtà umana, fino a farsi partecipe della situazione di soggezione che caratterizza la vita dell’uomo. Giudei e pagani, come dirà più avanti l’apostolo, tutta l’umanità vive una condizione che la limita nella piena attuazione della destinazione divina inscritta nel suo essere creatura fatta a immagine del Creatore. Vivendo la condizione umana, Cristo inserisce in essa un principio di dissoluzione, che si manifesta nella sua vittoria sulla morte, che egli ha accettata per amore. In tal modo egli ci riscatta dal tempo votato alla morte e ci rende veramente liberi, liberi di amare, come amano i figli. L’adozione a figli è il dono che Cristo porta all’umanità, la possibilità di essere partecipi della vita stessa di Dio, che è vita d’amore.
Per chi guarda con questi occhi della fede il tempo che passa, tutto appare avvolto nella luce del disegno d’amore che il Padre ha per l’umanità e, pur consapevoli che la tentazione della schiavitù continuamente si ripropone e i suoi effetti negativi vengono ancora sperimentati, sa però che la storia è stata salvata e in essa, mediante l’adesione a Cristo, è inscritta una strada di riscatto che apre sempre un futuro di speranza. È alla luce di questo evento di grazia che dobbiamo discernere il tempo che ci è stato dato e da questo evento trarre luce per giudicarlo e scorgervi le tracce di salvezza con cui possiamo risanarlo e, nelle pur contraddittorie vicende dell’anno che abbiamo trascorso, esprimere gratitudine per i doni sperimentati e volontà di riscatto per incoerenze e degenerazioni che non siamo stati capaci di eliminare.
Siamo a un tornante dell’ormai lunga vicenda della pandemia che segna la storia di questi ultimi tempi, un tornante che avremmo voluto come una svolta in positivo, in grado di condurci fuori dalla crisi, e che invece si sta rivelando come una forma diversa, ma non meno preoccupante, di una vicenda di cui non si intravede ancora la fine. Il virus muta, le precauzioni variano con esso, ma non cessano di limitare le nostre relazioni e la vita sociale, minacciando la tenuta dell’economia e quindi le prospettive del lavoro, la serenità delle famiglie, le condizioni dei più poveri. Sono lontani i tempi dell’ottimismo, ma purtroppo stanno erodendosi anche quelli della solidarietà, con l’insinuarsi di comportamenti egoistici, che minano la responsabilità e quindi il bene di tutti. Non può mancare, al riguardo, il rinnovato appello a vaccinarsi come atto di amore verso gli altri, oltre che di oggettiva difesa dalle conseguenze più gravi per la salute personale.
Occorre reagire a un clima di rassegnazione, di sfiducia, perfino di angoscia che si sta insinuando nella cultura diffusa e lasciarsi guidare dalla speranza. La speranza è altra cosa rispetto all’ottimismo. È uno sguardo nuovo sul mondo a partire da un valido fondamento. Il fondamento è il mistero che celebriamo in questi giorni: l’amore di Dio per l’umanità, tale da fare del Figlio suo un uomo. La fiducia che Dio ha su di noi, al punto di sognare che tutti possiamo diventare figli suoi, è il motivo per cui anche noi dobbiamo guardare con fiducia al tempo che ci attende, perché, se lo vogliamo, può diventare tempo di salvezza. Questo se riusciremo a fare della speranza una virtù che dia forma alla nostra vita, assumendo in noi gli stessi sentimenti di Gesù, la sua volontà di dono e di cura degli altri. Ci attende un tempo di speranza, ben fondata perché Dio non si dimentica di noi. Ci attende un tempo di responsabile solidarietà perché nella tempesta ci si salva solo insieme.
Sono prospettive decisive non solo in rapporto alla pandemia, ma anche al preoccupante calo demografico che affligge il nostro paese e che si lega anch’esso a una paura, quella della vita e della sua responsabilità, aggravata dalla scarsa considerazione che cultura diffusa e scelte legislative concedono alla famiglia e alla generazione dei figli, tutto a vantaggio dell’individualismo egocentrico, concentrato sui diritti e dimentico dei doveri e delle relazioni. È una paura da sconfiggere con la speranza e il coraggio che ne nasce. È il coraggio di Maria e Giuseppe nell’accogliere il grande mistero della vita del Bambino Gesù.
Ci sostenga nel cammino che ci attende la Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra.
Giuseppe card. Betori