Stemma

Descrizione araldica (blasonatura) dello scudo  D’azzurro, alla sbarra d’argento, caricata di tre gigli di Firenze di rosso, accompagnata da una stella (6) d’oro, in capo e da un libro aperto dello stesso, caricato delle lettere Α e Ω del terzo, in punta.   Interpretazionedello scudo Gli ornamenti esterni caratterizzanti lo stemma dell’Arcivescovo Metropolita, oltre ai trenta fiocchi rossi pendenti ai due lati dello scudo propri di un cardinale, sono la croce astile arcivescovile ed il pallio. La croce, detta anche “patriarcale”, a due bracci traversi, identifica la dignità arcivescovile dal XV secolo, quando fu adottata nello stemma dai Patriarchi e, poco dopo, dagli Arcivescovi. Nello stemma del card. Betori la croce è “trifogliata” in oro, con cinque gemme rosse a simboleggiare le cinque piaghe di Cristo Il pallio è un paramento liturgico proprio degli Arcivescovi posti a guida di una Arcidiocesi metropolitana. Esso viene consegnato all’Arcivescovo dal Papa in occasione della Solennità dei SS. Pietro e Paolo successiva alla nomina ed è segno al contempo del legame con la Sede di Pietro e di sollecitudine pastorale della Chiesa arcivescovile verso le Diocesi suffraganee. Il “campo” dello scudo è in azzurro, il colore che simboleggia l’ incorruttibilità della volta celeste e quindi le idealità che salgono verso l’alto; è affermazione del primato di Dio e rappresenta pertanto il distacco dai valori terreni e l’ascesa dell’anima verso di Lui. La sbarra è in argento, metallo che in araldica rappresenta la trasparenza, quindi la verità e la giustizia, doti che devono accompagnare quotidianamente lo zelo pastorale del Vescovo. Il riferimento alla città di Firenze, l’Arcidiocesi affidata alle cure pastorali del card. Betori, è costituito dal “giglio bottonato” rosso, simbolo della città, rappresentato qui in tre esemplari per richiamare il mistero Trinitario del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che è alla fonte di ogni esistenza nel tempo e della comunione che costituisce la Chiesa e ne qualifica l’agire nel mondo, in quanto essa, come afferma il Concilio Vaticano II, “è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen gentium, 1). La stella è un diffuso e riconosciuto simbolo di Maria (“respice stellam voca Mariam”), la nostra Madre Celeste, alla cui materna protezione l’Arcivescovo affida il suo ministero pastorale. Nella sua radice biblica, il medesimo simbolo fa inoltre riferimento allo stesso suo Figlio Gesù Cristo, che nella seconda lettera di Pietro (2Pt 1,19) e nel libro dell’Apocalisse (Ap 2,28) è chiamato “stella del mattino”. Il libro con le lettere greche Α e Ω (“Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la fine…”, Ap 21,6) rappresenta la Parola di Dio; esso è in oro metallo più nobile, simbolo quindi della prima virtù, la fede. Infatti, è grazie alla fede che possiamo comprendere appieno il messaggio divino d’amore e di salvezza tramandato dalla Sacra Scrittura.  Il motto: DEO ET VERBO GRATIAE Il motto scelto dall’Arcivescovo Betori è tratto dal discorso di San Paolo a Mileto rivolto agli anziani della Chiesa di Efeso, dove l’Apostolo afferma: “E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati” (At 20,32). Il ministero pastorale dell’Arcivescovo riposa su questo affidamento che la Chiesa fa di lui al Signore, e le parole inscritte nello stemma oltre ad esprimere questa consapevolezza sono anche invito perché tale affidamento venga ogni giorno ribadito nella preghiera da tutti i fedeli dell’Arcidiocesi.